esperimento Zimbardo PSICOLOGIA


ESPERIMENTO ZIMBARDO 


L'esperimento della prigione di Stanford fu un esperimento psicologico volto a indagare il comportamento umano in una società in cui gli individui sono definiti soltanto dal gruppo di appartenenza.

L'esperimento prevedeva l'assegnazione, ai volontari che accettarono di parteciparvi, dei ruoli di guardie e prigionieri all'interno di un carcere simulato. Fu condotto nel 1971 da un team di ricercatori diretto dal professor Philip Zimbardo della Università di Stanford. I risultati ebbero dei risvolti così drammatici da indurre gli autori dello studio a sospendere la sperimentazione.

In tempi più recenti i risultati sono stati messi in dubbio e l'esperimento è stato criticato per aver utilizzato una metodologia non scientifica. I critici fanno notare che Zimbardo ha istruito le guardie ad esercitare un controllo psicologico sui prigionieri e che i partecipanti si son comportati in modo tale da aiutare lo studio cosicché, come affermò una "guardia" nel 2011, i ricercatori avessero qualcosa su cui lavorare. Un'altra critica mossa all'esperimento concerne il campione usato, fortemente suscettibile ad un effetto di selezione e troppo piccolo e omogeneo: i 24 partecipanti erano studenti maschi statunitensi, principalmente bianchi e appartenenti al ceto medio, selezionati dai ricercatori in base alle risposte ad un questionario.

Zimbardo riprese alcune idee dello studioso francese del comportamento sociale Gustave Le Bon; in particolare la teoria della deindividuazione, la quale sostiene che gli individui di un gruppo coeso tendono a perdere l'identità personale, la consapevolezza, il senso di responsabilità, alimentando la comparsa di impulsi antisociali. Tale processo fu analizzato da Zimbardo nel celebre esperimento, realizzato nell'estate del 1971 nel seminterrato dell'Istituto di psicologia dell'Università di Stanford, a Palo Alto, dove fu riprodotto in modo fedele l'ambiente di un carcere.

Fra i 75 studenti universitari che risposero a un annuncio apparso su un quotidiano che chiedeva volontari per una ricerca, gli sperimentatori ne scelsero 24, maschi, di ceto medio, fra i più equilibrati, maturi, e meno attratti da comportamenti devianti; furono poi assegnati casualmente al gruppo dei detenuti o a quello delle guardie. I prigionieri furono obbligati a indossare ampie divise sulle quali era applicato un numero, sia davanti che dietro, un berretto di plastica, e fu loro posta una catena a una caviglia; dovevano inoltre attenersi a una rigida serie di regole. Le guardie indossavano uniformi color kaki, occhiali da sole riflettenti che impedivano ai prigionieri di guardare loro negli occhi, erano dotate di manganello, fischietto e manette, e fu concessa loro ampia discrezionalità circa i metodi da adottare per mantenere l'ordine. Tale abbigliamento poneva entrambi i gruppi in una condizione di deindividuazione.

(tratto da Wikipedia)

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